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Economia e gestione delle imprese riassunto sciarelli, Lecture notes of Economics

È un riassunto del libro Sergio sciarelli, economia e gestione delle imprese

Typology: Lecture notes

2023/2024

Uploaded on 07/13/2025

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Parte prima
Capitolo I
L'impresa e il suo ruolo economico sociale
L’impresa quale sistema socio-tecnico
Azienda: sono organizzate in varie forme e specializzate per tipi di attività, producono l'insieme di
beni e servizi indispensabili per il soddisfacimento del bisogno umano.
l'impresa è un'organizzazione economica che mediate l'impegno di un complesso differenziato di
risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni e servizi, da scambiare con entità
esterne al fine di conseguire un reddito e soddisfare i bisogni umani.
4 elementi distintivi:
- La presenza di un'organizzazione
- Lo svolgimento di processi di produzione
- Le relazioni di scambio con entità esterne
- La finalità imprenditoriale del reddito
La principale caratteristica e il contenuto economico dell'attività e degli obbiettivi che essa intende
raggiungere, sotto il profilo di funzionamento, ogni sistema aziendale si qualifica per la presenza
non solo di una struttura organizzativa complessa, ma anche per la sua finalizzazione in ordine alla
messa a profitto di risorse scarse. Questa si caratterizza perché mediante l'impiego di un complesso
differenziato di risorse (uomini, capitali, impianti, materiali, ecc ) svolge processi di produzione
cioè crea ricchezza. Questi beni sono destinati ad essere scambiati con entità esterne (consumatori)
allo scopo di ottenere dallo scambio un utile o reddito.
l'impresa ha infatti bisogno di conseguire un reddito, cioè un divario positivo fra il ricavo ottenuto
dai beni ceduti e il costo elle risorse impiegate nella produzione. Per produrre ricchezza deve
accrescere mediante operazioni di trasformazione, non realizzando solo beni richiesti da entità
esterne ma anche cedibili a un prezzo generatore del reddito atteso (principio di marginalità).
l'evoluzione da struttura (complesso di risorse da valorizzare) a sistema (complesso di capacità da
coordinare) appare l’elemento essenziale per ottenere il risultato positivo atteso ovvero creare
valore sufficiente per remunerare tutti i partecipanti all'impresa (compreso imprenditore).
Il carattere fondamentale di un sistema e quello di essere costituito da un complesso interrelato di
parti, interrelato perché le singole parti sono interdipendenti rispetto ad una funzione comune da
svolgere. Hanno carattere economico e sociale e operano in relazione con l'ambiente esterno, da
questa relazione nasce anche la loro caratteristica di dinamismo, dato che il rapporto funzionale o di
casualità con una realtà in continuo cambiamento.
L’impresa e sempre un sistema ma e un sistema dinamico che destinato a maturare nella
dimensione e soprattutto nella combinazione delle sue risorse.
L'impresa può essere classificata come un sistema sociale di tipo aperto. E un sistema perché e
costituita da un insieme di parti di organi, ciascuno dei quali svolgono una determinata funzione per
il raggiungimento di un comune risultato. Si tratta di un sistema di tipo aperto perché per operare
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Parte prima Capitolo I L'impresa e il suo ruolo economico sociale L’impresa quale sistema socio-tecnico Azienda: sono organizzate in varie forme e specializzate per tipi di attività, producono l'insieme di beni e servizi indispensabili per il soddisfacimento del bisogno umano. l'impresa è un'organizzazione economica che mediate l'impegno di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni e servizi, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito e soddisfare i bisogni umani. 4 elementi distintivi:

  • La presenza di un'organizzazione
  • Lo svolgimento di processi di produzione
  • Le relazioni di scambio con entità esterne
  • La finalità imprenditoriale del reddito La principale caratteristica e il contenuto economico dell'attività e degli obbiettivi che essa intende raggiungere, sotto il profilo di funzionamento, ogni sistema aziendale si qualifica per la presenza non solo di una struttura organizzativa complessa, ma anche per la sua finalizzazione in ordine alla messa a profitto di risorse scarse. Questa si caratterizza perché mediante l'impiego di un complesso differenziato di risorse (uomini, capitali, impianti, materiali, ecc ) svolge processi di produzione cioè crea ricchezza. Questi beni sono destinati ad essere scambiati con entità esterne (consumatori) allo scopo di ottenere dallo scambio un utile o reddito. l'impresa ha infatti bisogno di conseguire un reddito, cioè un divario positivo fra il ricavo ottenuto dai beni ceduti e il costo elle risorse impiegate nella produzione. Per produrre ricchezza deve accrescere mediante operazioni di trasformazione, non realizzando solo beni richiesti da entità esterne ma anche cedibili a un prezzo generatore del reddito atteso (principio di marginalità). l'evoluzione da struttura (complesso di risorse da valorizzare) a sistema (complesso di capacità da coordinare) appare l’elemento essenziale per ottenere il risultato positivo atteso ovvero creare valore sufficiente per remunerare tutti i partecipanti all'impresa (compreso imprenditore). Il carattere fondamentale di un sistema e quello di essere costituito da un complesso interrelato di parti, interrelato perché le singole parti sono interdipendenti rispetto ad una funzione comune da svolgere. Hanno carattere economico e sociale e operano in relazione con l'ambiente esterno, da questa relazione nasce anche la loro caratteristica di dinamismo, dato che il rapporto funzionale o di casualità con una realtà in continuo cambiamento. L’impresa e sempre un sistema ma e un sistema dinamico che destinato a maturare nella dimensione e soprattutto nella combinazione delle sue risorse. L'impresa può essere classificata come un sistema sociale di tipo aperto. E un sistema perché e costituita da un insieme di parti di organi, ciascuno dei quali svolgono una determinata funzione per il raggiungimento di un comune risultato. Si tratta di un sistema di tipo aperto perché per operare

deve intrattenere continue relazioni di scambio con altri sistemi o entità eterne. E un sistema tecnico poiché per il suo funzionamento necessita di strumenti tecnologici. Tenendo conto che l'impresa e un sistema particolare all'interno del quale operano risorse umane e mezzi di produzione si può dunque prevenire ad una qualità quale sistema aperto di tipo socio- tecnico. Il concetto di sistema socio-tecnico pone in evidenza che occorre non solo un'organizzazione del lavoro relativo all'impiego del fattore umano, ma anche un'organizzazione tecnica costituita da impianti, attrezzatture e tecnologie produttive. La visione sociale dell'impresa Il ruolo economico d'impresa non può essere diviso da quello sociale, la loro funzione non può limitarsi a produrre beni e servizi utili per una certa collettività di consumatori ma deve necessariamente estendersi al miglioramento della qualità della vita nel contesto in cui operano. In ciò si traduce il concetto di responsabilità sociale aziendale (corporate social responsibility), fondata sul contratto sociale che ogni impresa stipula con il contesto esterno per definire obblighi e diritti connessi con il proprio funzionamento. Non può dunque essere vista come un'iniziativa esclusivamente imprenditoriale rivolta soltanto a conseguire le finalità economiche dell’investitore-proprietario, ma come sistema economico e sociale, cui prende parte una pluralità di attori che deve essere guidato in funzione di un giusto equilibrio tra obbiettivi economici e responsabilità sociali. L’impresa, mediante il continuo scambio di risorse influenza in misura sesso rilevate le condizioni di vita della collettività e si rende protagonista e responsabile dl contributo del prodotto. Le molteplici funzioni dell'impresa L'impresa in sostanza rappresenta una realtà complessa intorno a cui si sviluppa una rete di rapporti non solo di scambio ma anche di collaborazione, d'informazioni, di interessi. Essa infatti svolge una varietà di ruoli nei confronti di chi vi partecipa, del mercato e dell'ambiente socio-economico e costituisce allo stesso tempo una realtà sociale, giuridica, economica ed organizzazione. Il fenomeno “impresa” presenta tre profili di maggiore rilievo a ciascuno dei quali si collega un diverso ruolo, ogni azienda può essere infatti vista come: a) organizzazione economica b) sistema sociale struttura patrimoniale c) struttura patrimoniale In quanto organizzazione economica il suo scopo è il soddisfacimento di bisogni umani mediante la messa aa frutto di risorse trovate in natura in misura limitata o comunque in modo non adatto a farle utilizzare tal quali. Si tratta delle funzioni economico-generale, che legittima il ruolo fondamentale da essa assunto nello sviluppo economico. Un secondo aspetto che e già stato posto in evidenza e quello dell'impresa quale sistema sociale, l'impresa in quanto centro di coagulazione degli sforzi di un insieme di gruppi sociali va vista anche come distributrice della ricchezza creata, rappresentando uno strumento per il soddisfacimento delle

sedimentarsi, nel tempo delle esperienze realizzate e dalla ricerca sempre di nuova conoscenza disponibile nell'ambiente in cui si opera. In altri termini la vera ricchezza un'impresa non sarebbe costituita soltanto dal suo patrimonio materiale o tangibile (macchinari, impianti, ecc) ma anche e soprattutto delle sue risorse immateriali o intangibili, connesse con l'immagine positiva nei confronti dell’ambiente l’avviamento di mercato, la capacità di produrre innovazioni e ovviamente la professionalità delle risorse umane. Partendo dall'idea che un'impresa dev’essere un certo di innovazioni e che quest’ultime sono il prodotto dell’intelligenza e non quello delle macchine si tende dunque a definire l'impresa quale sistema di conoscenze atto a produrre nuova conoscenza. In conclusione l’impresa è definibile come un sistema complesso al interno del quale s'intrecciano elementi tangibili e intangibili, immobilizzazioni materiali e immateriali, mezzi tecnici ed intelligenze, risorse finanziarie e umane secondo un disegno finalizzato in ogni caso alla produzione e diffusione di valore. Le caratteristiche tipiche d'impresa Concetti fondamentali sull'impresa vista: a) come sistema parzialmente aperto vivendo in simbiosi con un ambiente esterno, b) quale organizzazione economica e sociale c) con una triplice funzione in rapporto al suo essere, contemporaneamente organizzazione economica, sistema sociale e struttura patrimoniale, d) come sistema cognitivo, in grado di produrre, gestire e ricercare nuova conoscenza per promuovere l'innovazione e) quale sistema organizzativo cooperativo-conflittuale, da governare migliorando i rapporti di collaborazione e riducendo le occasioni di conflitto con i vari interlocutori. Fare impresa non è certo facile perché per avere successo richiede capacità imprenditoriali e strutture manageriali in grado di combinare efficacia e efficienza. Questo tenendo conto dell'esigenza di governare l'organizzazione sfruttando le possibilità di collaborazione tra tutti i protagonisti e riducendo per contro le occasioni di conflitto tipiche di contesti competitivi.

Capitolo II L'interdipendenza tra l'impresa e il contesto socio-economico: micro e macro ambiente I concetti di “ambiente”, “settore” e “mercato” Si è sottolineato che una delle caratteristiche proprie dell’impresa è rappresentata dagli scambi che deve promuovere nel contesto esterno per acquisire risorse destinate alle produzione e collocare prodotti. Essa si trova ad operare all'interno di un contesto macroeconomico che comprende variabili economiche sociali, politiche fisiche. La conoscenza dell'ambiente è il presupposto per assumere decisioni consapevoli e riguarda non solo le condizioni presenti ma dev'essere completata dalla ricerca di informazioni che aiutino a prevedere le tendenze future e a programmare le azioni per fronteggiarle. L'ambiente può utilmente scomporsi in due contesti: il primo più direttamente legato alla operatività della specifica impresa, il secondo carattere molto più ampio e generale. E possibile cosi distinguere un micro-ambiente definito dai mercati con cui l'impresa attiva lo scambio delle risorse (ini entrata e in uscita), e un macro-ambiente da cui derivano le opportunità e i vincoli entro cui questo scambio può verificarsi. Il macro-ambiente e un contesto difficilmente modificabile, mentre il micro- ambiente definito in base alle decisioni assunte dall'impresa. Il micro-ambiente viene a sua volta suddiviso in due parti che si potrebbero distinguere come ambiente transazionale, definisce i confini dell'impresa (scambi in entrata) e ambiente competccomo, dipende dalle porzioni di mercato cui cedere i prodotti e servizi (scambi in uscita). Si ha un mercato in tutti i casi in cui vi siano due o più contraenti disposti a scambiare fra di loro i beni rispettivamente posseduti. Ogni impresa dunque si collegherà con: a) il mercato del lavoro, costituito dall'offerta di risorse umane (manodopera specializzata, quadri direttivi e impiegatizi, consulenti e professionisti) b) il mercato della produzione, composto dai produttori di materie prime, semilavorati, impianti e macchinari, materiali di consumo e servizi utilizzabili per l'attività aziendale c) il mercato finanziario, rappresentato dal mercato mobiliare, dagli intermediari finanziari e da altri prestatori di capitale d) il mercato di vendita, costituito da potenziali acquirenti dei beni o servizi prodotti.

L'ambiente demografico-sociale è definito dalla struttura della popolazione residente e delle relazioni fra gli individui e i gruppi che la compongono, la ripartizione per razza, religione, classi di età, livello socio-economico, condizione professionale ecc, costituiscono i principali aspetti socio- demografici dell'ambiente in cui opera l'impresa. L'aspetto demografico è divenuto ancora più importante in un'epoca nella quale si sono affermate delle tendenze di profondo mutamento nella struttura della popolazione, il minor tasso di natalità e l’allungamento della vita media hanno difatti portato al progressivo invecchiamento della popolazione, al cui interno tendono sempre di più a pensare le classi degli anziani nei confronti di quelle dei giovani. L'ambiente economico coinvolge e incide direttamente sulla sfera dei rapporti e che vede l'impresa quale protagonista nei confronti dell'aggregato polito-sociale, dev’essere inteso come il sistema generale dell'economia che regola la vita della collettività. L'ambiente economico va distinto dal concetto di mercato, perché rappresenta il complesso delle macro variabili (produzione agricola, industriale, ecc, prezzi a moneta, credito e investimenti) che compongono l’ordinamento economico prevalente in un certo ambito territoriale. L'ambiente economico può differenziarsi sotto molteplici profili fra i quali i più importanti comprendono il meccanismo di regolazione della vita economica e la proprietà dei mezzi di produzione. Per economia di mercato si intende un sistema a decisioni decentrate regolato soprattutto da leggi di mercato, per economia di pino ci si riferisce ad un sistema le cui decisioni sono prese prevalentemente al centro mediante l'elaborazione di piani governativi nazionali. Nelle economie di mercato opera il principio di libera iniziativa e quello della proprietà privata dei mezzi di produzione per ci si parla di “economie liberiste”, mentre nell'altro tipo di economia tutto e regolato dal piano anche l'uso dei mezzi di produzione che sono prevalentemente di proprietà della collettività. Per tale motivo si usano in maniera intercambiabile le dizioni “economie di piano” o “economie collettiviste”. In un economia di questo tipo l'impresa dovrebbe essere governata da un organo come lo stato cioè una struttura produttiva con limitata autonomia decisionale per quanto attiene alle strategie da perseguire. I rapporti tra l'impresa, il micro-ambiente e il macro-ambiente L'impresa si presenta al centro di un micro-ambiente da noi suddiviso in ambiente transazionale e competitivo, che a sua volta è inserito in un macro-ambiente o ambiente generale. Si genera cosi un sistema di interrelazioni che si compone di rapporti tra macro variabili e micro variabili, successivamente tra queste e le caratteristiche di strutture e di gestione dell'impresa. Quest'ultima dovrà adottare i comportamenti più idonei per volgere al suo vantaggio l'evoluzione dei mercati di fornitura, finanziario e di vendita. La differenza tra i concetti precedenti e che l'impresa non può scegliersi il macro-ambiente ma può esercitare più ampia facoltà discrezionale per definire l'ambiente transazionale e competitivo all’interno del quale operare. L'ambiente determina il sistema di vincoli-opportunità entro cui si svolge la gestione aziendale, i vincoli sono connessi con ciascuno dei profili prima esaminati possono dipendere da leggi e provvedimenti, dal modello di cultura prevalente, della composizione e della modalità delle classi sociali, da il tipo di governo dell'economia e dal grado di benessere della popolazione.

L'interpretazione dei rapporti impresa-ambiente due sono comunemente i principali fili conduttori: il progresso tecnologico e l’equilibrio economico e politico sul piano internazionale. Il progresso tecnologico influenza in modo considerevole la struttura di un settore industriale e la posizione competitiva delle imprese, le innovazioni concorrono a modificare il sistema di barriere sia di entrata che di uscita e possono creare difficolta o nuove opportunità per coloro che sono presenti nel settore o che aspirerebbero ad entrarvi. Turbolenza, ostilità, diversità, complessità e insicurezza appaiono dunque i connotati ambientali che ormai da tempo l'impresa deve imparare a fronteggiare. Gli effetti dell'internazionalizzazione e della globalizzazione e l'avvio delle “deglobalizzazione” La diffusione di mezzi sempre più veloci di trasporto di persone, cose e informazioni ha attenuato o addirittura eliminato il fattore “distanza” e ha consentito di attuare il processo di comunicazione in tempo reale. Inoltre il superamento dei confini nazionali avvenuto mediante la progressiva creazione di un complesso di aree di libero scambio, ha accresciuto la permeabilità delle economie nazionali ed ha portato ad una profonda riorganizzazione del sistema produttivo su scala mondiale. Il fatto nuovo di maggior peso affermatosi nell'ultimo triennio e senz'altro la globalizzazione, lo sviluppo mondiale degli scambi, la diffusione sul piano internazionale delle informazioni, l'interdipendenza delle economie o blocchi di economie di più paesi hanno imposto a tutte le imprese un respiro internazionale. Il concetto di globalizzazione dev'essere inteso in senso più ampio come il processo di convergenza a livello mondiale degli aspetti culturali, politici e economici e come il superamento del controllo sociale degli stati nazionali sull'economia. In altri termini la globalizzazione è intesa quale ampliamento dei confini del mercato da cui scaturiscono effetti rilevanti per tutte le scelte aziendali ma non necessariamente quale fenomeno di “omogeneizzazione” dei consumi. Questo secondo aspetto può certamente essere presente in determinati settori ma non è quello prevalente rispetto all'interrelazione su scale mondiale delle strategie aziendali. In sostanza la globalizzazione in senso generale si riferisce ad un mercato senza confini geografici. Si sono cominciati a valutare in un’ottica diversa i vantaggi e limiti della globalizzazione. Il termine “deglobalizzazione” sembra evocato oggi come la nuova opportunità di riorganizzazione di supply chain globali che si adattano meglio a i vantaggi collegati all’esistenza di mercati senza confini geografici con i rischi di crisi di sistemi economici tra loro troppo connessi

L'efficacia è il valore più proprio dell’imprenditorialità, cioè dell'intuizione decisionale di chi governa a livello più elevato il sistema aziendale, mentre l'efficienza è attributo tipico della managerialità, intesa quale attitudine a realizzare il massimo rendimento delle scelte imprenditoriali. I requisiti per l'esercizio del potere decisionale Qualsiasi organizzazione aziendale o non, è caratterizzata dal fatto che al suo interno agisce un numero relativamente ridotto di soggetti ai quali è determinato il compito di deliberare sulle finalità e sulle politiche generali da seguire. Anche se non e possibile operare distinzioni in termini assoluti tra organi deliberanti e non deliberanti appare giustificata una classificazione di termini relativi. In tal senso si possono suddividere gli organi d’impresa in organi deliberanti, organi di controllo ed organi esecutivi, definendo per organi deliberanti quelli che esercitano prevalentemente attività decisionale e allo stesso modo per organi di controllo ed esecutivi quegli organi che svolgono principalmente funzioni di controllo e di esecuzione. Essi si differenziano non soltanto per la prevalenza degli atti di decisione rispetto agli atti di esecuzione nello svolgimento delle loro funzioni ma anche e soprattutto per il più ampio potere discrezionale esercitato nel compimento di tali atti. Gli organi deliberanti si possono dividere in tre gruppi: organi proprietà, organi di amministrazione e organi di direzione, ma con competenze ed entro limiti diversa, collocandosi primi livelli della gerarchia organizzativa, al di sopra degli organi di controllo esecutivi. La diversificazione che avvolte si verifica tra la ripartizione statuaria dei poteri di governo aziendale e quella effettiva deriva dal fatto che l'esercizio dei poteri stessi richiede la compresenza in uno stesso organo di più requisiti, tra questi l'autorità ovvero il potere riconosciuto nell'ambito della struttura rappresentata la condizione necessaria ma non sufficiente, ad essa infatti devono accompagnarsi almeno altri tre elementi: l'abilità professionale, la disponibilità di informazioni e la capacità di controllo delle decisioni assunte. La pluralità dei soggetti in relazione con l’impresa: la teoria degli “stakeholder” La vita dell'impresa si svolge con l'attivazione di un complesso di relazioni che coinvolgono una moltitudine di soggetti. Che gestisce l'impresa deve dunque confrontarsi e allacciare una serie di rapporti con soggetti interni ed esterni all’organizzazione. L’illustrazione dei concetti di macro e micro-ambiente ha fatto comprendere l'ampiezza e la complessità delle relazione che devono instaurarsi per assicurare la vitalità aziende e ha posto in rilievo il ruolo di una schiera di interlocutori a cui l'imprenditore deve fare necessariamente riferimento nello svolgimento della sua funzione di governo d'impresa, partendo da questo concetto ha preso corpi e si è ampiamente diffusa quella che e stata definita come “la teoria degli stakeholder”. Il cocetto di stakeholder originariamente e ristretto a coloro che avevano degli intiressi diretti nella vita dell'impresa si è cosi amoliato per ricompredere anche coloro che sono in grado di esercitare un'influenza sulle decisioni aziendali o che possono essere influenzati da esse, i primi sono dunquesi proprietari, i lavoratori, i fornitori, i finanziatori, le comunità locali, ecc. i secondi sono invece le istituzioni, le rappresentanze sociali, i media, gli ambientalisti, le associazioni dei consumatori e tutti gli altri centri di pressione di cui chi governa l'impresa non può non tenere conto.

Da cio deriva l'allargamento del gruppo degli stakeholder e la distinzione tra stakeholder primari e secondari: i primi destinati di solito ad esercitare un ruolo più diretto e immedianto nella gestione aziendale, i secondi in grado di influenzare indirettamente i comportamenti di lungo termine potendo incidere soprattutto sul clima sociale delle relazioni aziendali. La presenza di una molteplicità di interlocutori fa dunque comprendere la necessita di rispondere positivamente alle pressioni da essi derivate. Alla luce della “teoritedegli sstakeholder si può dunque aggiornare la nozione dell'impresa intendendola quale “organizzazione economica legata d un complesso di interlocutori interni ed esterni che mediante la combinazione di risorse differenziate svolge processi di aquisizione e di produzione di beni e servizi allo scopo di creare e distribuire il valore creato. Non in tutte le imprese la composizione e il ruolo degli stakeholder assumono identiche caratteristiche, a seconda dell'attività esercitata alcuni interlocutori possono aquisire una maggiore o minore rilevanza e richiedere una diversa attenzione da parte degli organi di governo aziendale. Come viene suggerito l'individuazione degli stakeholder e la valutazione del grado d'importanza e d'influenza sercitabile sulla gestione dell'impresa può essere guidata da alcuni elementi: a) la forza: ovvero il potere da essi detenuto e eserictato in virtù del ruolo ricoperto b) la legittimazione: ossia il riconoscimento ufficiale della loro funzione di rappresentanza di particolari interessi o di soggetti economici, sociali e politici c) l'attualità: dell'interesse rappresentato ovvero l'urgenza della risposta da dare e la criticità che tale risposta assume nel particolare momento della vita dell'impresa a questi tre requisiti e stato suggerito di inserire anche quello della proximity ovvero l'esercizio di una funzione di rappresentanza della comunità locale. L’individuazione e l'atribuzione di forza dei vari interlocutori devono consentire di stabilire come gestire strategicamente i relativi posti, ipotizzando se da ciscuno di essi potrà deriavre un atteggiamento collaborativo oppure un ostacolo se non addirittura una minacia per la stessa sopravvivenza dell'impresa. Sotto questo profilo gli interlocutori aziendali si presentano ad essere classificati in quattro gruppi:

  1. stakeholder amichevoli (supportive), dai quali si attende un sostegno decisivo per l'attività dell'impresa
  2. stakeholder avversari (no supportive), da quali possono invece generarsi difficoltà di rapporti per la gestione aziendale
  3. stakeholder non orientati (mixed blessing), da cui in funzione delle circostanze e degli interessi in gioco potrà attendersi un sostegno oppure un atteggiamento negativo
  4. stakeholder marginali, ritenuti poco rilevanti nell'orientamento della gestione aziendale questa suddivisione è utile perché serve a definire la strategia che l'impresa dovrà adottare efficacemente le relazioni con i suoi stakeholder. Tenendo dunque conto del peso rivestito e della propensione dei vari stakeholder si può decidere di perseguire strategie di coinvolgimento, di collaborazione, di difesa o di monitoraggio. Nella teoria degli stakeholder un punto sul quale occore fare ulteriore riflessione concerne il ruolo della proprietà, può accadere che quest'ultima detenga nelle sue mani il governo dell'impresa oppure che si vengano a costituire due soggetti distinti: la proprietà investitrice da un alto e il management dall'altro.

Capitolo IV Le finalità imprenditoriali e la teoria del “sucesso sociale” Premessa sulle motivazioni dei partecipanti all'impresa Per affronatre le problematiche di gestione dell'imprese bisogna capire quale intreccio di interessi e di motivazioni si sviluppa all'interno ed intorno ad essa. Il governo aziendale dev'essere indirizzato a valorizzare gli elementi cooperativi e a contenere qualli antagonistici, per ciò chi gestisce deve saper promuovere un processo s'integrazione o di vera e propria fusione tra gli obiettivi aziendali e quelli soggettivi. Nel complesso delle figure che partecipano alla conduzione dell'impresa centrale è e quella dell’imprenditore perché le finalità che persegue non possono non condizionare quelle degli altri soggetti interni ed esterni. Le finalità dei comportamneti imprenditoriali La cerazioe di un'azienda è sempre il frutto di una volontà imprenditoriale tesa al'ottenimeno di determinate finalità, quindi capire gli scopi che spingono certi soggetti ad organizzare prima e governare un'attività produttiva. L'impresa quale entità economica e sociale ha delle funzioni da svolgere piuttosto che finalità da raggiungere. In altre parole il problema dei fini investe in sostanza gli individui che agiscono nell'impresa e in prima linea coloro che ne detengono la proprietà e governo. E’ necessario ritornare su alcune considerazioni riguardanti la figura dell’imprenditore, è opportuno soffermarsi sul fenomeno di possibile dissociazione fra gli organi di proprietà e di

governo dell'impresa. Questo fenomeno (teoria dell'agenzia) poietta delle importanti conseguenze sul tema che stiamo trattando. Un richiamo alle teorie sulle finalità imprenditoriali La teoria della massimizzazione del profitto L'obbiettivo del massimo profitto trova ampi consensi, il profitto secondo la teoria economica calssica è il compenso che spetta al'imprenditore per l'organizzazione dei fattori produttivi, esso pertanto non è giustificato allo stesso modo dalle varie correnti o scuole di pensiero. Una prima elaborazio teorica parte dal riconoscimento che il reddito è il corrispettivo che spetta a colui che coordina l'impiego dei vari fattori di produzione, un'altra teoria pone in evidenza che il profitto andrebbe considerato come il compenso destinato a ripagare il rischio corso nell'attività aziendale. Ancora secondo Schumpeter il proffito sarebbe si un premio ma un premio che spetta a colui che promuove l'innovazione. Un'ultima impostazione dottrinale tendeva a spiegare la sua origine in funzione dell'imperfezione del mercato cioè quale rislutato dell'acquisizione di posizioni monopolistiche rispetto agli altri produttori. Queste quattro differenti impostazioni concettuali più che alternative potrebbero essere considerate complementari in quanto il profitto può essere in effetti considerato come un’entità composita in cui rientrano il compenso per il lavoro imprenditoriale, il premio per il rischio, la contropartita dell’innovazione e la rendita connessa con la posizione monopolistica. Proprio su questi apetti incidono i fattori precedentemente menzionati in quanto sia l'altezza sia l'impiego del profitto sarnno orientti diversamente nella azieda priva o pubblica, profit e non profit, in un'economia chiusa i aperta. La logica delle sclte assunte dagli organi di governo, sarebbe in sostanza quella di massimizzare il risultato reddituale ottenibile dall’attività aziendale. La teoria potrebbe apparire convincente in senso astratto in quanto i principi guidano le sclete d'investimento o comunque orientano il comportamneto umano, se si passa sul piano pratico si incontrano una serie di limiti che ne condizionano l’utilità interpretativa. Ci si puo chiedere quale profitto l'imprenditore vuole rendere massimo? (fattore tempo). E ancora, Intende egli puntare al massimo profitto sostenendo anche il rischio più elevato circa il risultato dell'attività dell'impresa? (fattore rischio). Da ciò consegue che per conferire un valore operativo alla teoria in modo da potere effettivamente spiegare alla luce di essa le motivazioni del comportamento imprenditoriale sia necessario introdurre il fattore tempo (time-preference) e il fattore rischio (uncertainty conditions). La teoria dello sviluppo e della sopravvivenza aziendale Secondo la teoria della sopravvivenza il fine del gruppo di governo è quello di assicurare la continuità dell'organismo aziendale: il profitto è il mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale dell'impresa. Uno dei principli sostenitori della teoria di “massima sicurezza del Marris” e Peter Drucker uno dei piu noti studiosi di management il quale a proposto di misurare il raggiungimento di tale finalità mediante i cinque seguenti indicatori: posizione occupata nel mercato, innovazioni, risorse umane, risorse finanziarie e redditività. E infatti intuibile che la soppravivenza dell'impresa è legata alla posizione occupata dal mercato, dal rapporto di forza o debolezza nei confronti della concorenza. La teoria della creazione e diffusione del valore

DE (profitto). Se l’imprenditore vuole aumentare i ricavi, deve tentare di influire su due variabili: il prezzo e la quantità dei beni venduti. Ma i compratori si oppongono a un rialzo del prezzo. D’altra parte, percorrendo la strada dell’incremento delle quantità da far assorbire sul mercato, se ipotizziamo una stazionarietà della domanda globale, tale tentativo susciterà le reazioni della concorrenza, alla quale si mirerà in sostanza a sottrarre degli affari. Volendo operare sui costi, vi sono due vie: l’abbassamento del costo unitario e l’impiego di una minore quantità di risorse. Nel primo caso, si tratta di ridurre le remunerazioni del lavoro, i prezzi pagati ai fornitori ma nessuna variazione è possibile per le aliquote impositive fissate dalle autorità. Nel secondo caso, si può incidere sui costi di lavoro, di approvvigionamento, di finanziamento ma non sugli altri: la riduzione delle quantità di prodotti trasferiti ai distributori si ripercuote sui ricavi, mentre per gli oneri fiscali la riduzione della quantità configura un comportamento illecito. Tra le voci dello schema precedente vi sono anche i costi organizzativi e di ricerca e sviluppo. I primi riguardano la progettazione e il controllo delle strutture, i secondi sono relativi all’individuazione di nuove opportunità tecnologiche o di mercato. Tali voci sono costi sganciati da uno specifico gruppo sociale e, in quanto tali, non facilmente comprimibili dall’impresa. Inoltre, essendo fattori di economicità e maggior ricavo per l’impresa, queste voci non sono comprimibili se non a detrimento della produttività e della redditività aziendale di lungo periodo. Sebbene per essi le possibilità di manovra dell’imprenditore appaiono limitate, spesso in realtà nei periodi di crisi sono gli unici costi ad essere tagliati, in quanto ritenuti non strettamente necessari. L’espansione del volume di attività è la via obbligata per un recupero di maggiori costi dovuti all’accresciuta incidenza di singole voci di spese. Un’alterazione dell’equilibrio strutturale tra costi e ricavi può infatti essere più facilmente assorbita con un riadeguamento dei ricavi. Possiamo concludere che: a) l’equilibrio tra costi e ricavi aziendali è difficilmente modificabile in assenza di innovazioni nella gestione; b) le innovazioni nell’organizzazione e nel mercato richiedono il sostenimento di costi; c) il profitto è una quantità residuale che risente delle crisi. Il reddito è dunque un risultato che deriva da accordi di cooperazione o dalla composizione di conflitti interni ed esterni e che la sua natura non è mai liberamente determinabile dall’imprenditore. Il fine del massimo profitto diviene, così, il fine del massimo profitto condizionato. La teoria del “successo sociale” ed i rapporti con l'etica d'impresa L'impostazione che vogliamo proporre è che lo stimolo economico non costituisce o meglio non dovrebbe costituire in tutti i casi l'obbiettivo più importante se non esclusivo della funzione imprenditoriale ma che in funzione della sensibilità personale di chi governa l'impresa il fine economico diventerebbe un mezzo per il raggiungimento di obiettivi morali e sociali. Le finalità dell’imprenditore appaiono, in ordine crescente d’importanza, quelle di assicurare la sopravvivenza dell’impresa (mediante il sopravvivenza perseguimento del fondamentale equilibrio economico tra costi e ricavi), di affermarsi nel affermarsi nell’àmbito della classe sociale di appartenenza e di ambito della classe sociale assumere posizioni di preminenza nella comunità. Si possono individuare e ordinare le finalità imprenditoriali in funzione di una combinazione o mix costituita dal conseguimento del profitto, del potere e del prestigio, potremmo definirla le 3 P. In questa ottica

il prestigio (leadership sociale) finirebbe per rappresentare il traguardo di più elevato valore, che apparirebbe come il vero punto di arrivo dell'attività imprenditoriale, accanto ad esso in posizione strumentale si porrebbero il potere di mercato (leadership competitiva) e il profitto che consentirebbero all'impresa di svilupparsi rispetto alla concorrenza preservando il fondamentale equilibrio economico. Considerazioni di sintesi a) l'imprenditore “visibile” e strettamente integrato nell'impresa, al quale sembrerebbe potersi applicare la teoria del successo sociale b) l'imprenditore meno visibile e meno integrato cui appare meglio riferibile la teoria della massimizzazione del valore economico dell'impresa nel tempo lungo c) l'imprenditore delegato (manager) al quale sarebbe applicabile quella che potrebbe essere definita come teoria della mobilità in quanto spesso il successo dell'impresa dovrebbe attraverso la mobilità consentirgli l'affermazione sociale. La soluzione di dilemmi morali, che attengono anche al campo dell'etica aziendale si rivela oggi quale fattore caratteristico di una superiore interpretazione della funzione imprenditoriale. Parte seconda I comportamenti imprenditoriali e la gestione strategica Capitolo V La gestione strategica Introduzione alla gestione dell'impresa L'impresa è un organismo complesso destinato a funzionare con il concorso di risorse umane, mezzi tecnici, tecnologie e capitali. Gestire l'impresa significa infatti governarla, significa cioè amministrare i vari fattori di produzione impiegati per il suo funzionamento e significa soprattutto assicurarle la sopravvivenza e lo sviluppo mediante la creazione e il mantenimento di equilibri economici, patrimoniali e finanziari. La gestione si svolge mediante processi sia ripetitivi sia di

promuovere. La risposta all'evoluzione dell'ambiente può difatti rappresentare una reazione occasionale e non preordinata di fronte a nuovi eventi, da ciò nasce la distinzione tra strategia “intenzionale” e strategia “spontanea”. La strategia definisce i rapporti con l'ambiente i cui mutamenti possono determinare opportunità e minacce per l'impresa, nei confronti dell'evoluzione dell’ambiente l'imprenditore può assumere tre diversi atteggiamenti:

  1. un atteggiamento di attesa, che consiste nell'aspettare il verificarsi dei fenomeni evolutivi per promuovere, soltanto dopo ch'essi si sono chiaramente affermati, gli opportuni adattamenti della gestione
  2. un atteggiamento anticipatorio, che si traduce nell'attuazione di uno sforzo costante di previsione dei mutamenti ambientali allo scopo di poter realizzare in modo preventivo e tempistico le necessarie modifiche nei comportamenti di gestione
  3. un atteggiamento proattivo, che si concentra nella promozione di azioni tendenti ad influenzare l'ambiente (macro-micro ambiente) nella direzione più favorevole alle prospettive di sviluppo aziendale questa classificazione definisce i tre diversi modelli gestionali: il primo configura uno schema di comportamento statico in cui le azioni di adattamento sono solo una conseguenza del verificarsi di variazioni ambientali impreviste rispetto alle quali si tenta di rispondere in ritardo e senza una vera e propria strategia; il secondo si pone come uno schema operativo che prevede il controllo e la previsione delle modificazioni del contesto esterno e la composizione anticipata di una strategia di risposta; il terzo si caratterizza come un disegno prestabilito di modifica dell'ambiente mediante una strategia che consenta di condizionarne l'evoluzione in modo favorevole per l'impresa. La strategia è un comportamento imprenditoriale di lungo termine rivolto a perseguire obbiettivi primari della gestione caratterizzato da tre elementi fondamentali: la formulazione a livello alto-direzionale, la proiezione a lunga scadenza e la priorità dei traguardi fissati. Le strategie aziendali si differenziano secondo una scala, che vede al vertice le strategie complessive del tipo corporate, al centro quelle competitive e alla base quelle funzionali. Le strategie competitive definiscono difatti gli obbiettivi e le politiche da adottare per fronteggiare la concorrenza e acquisire la clientela puntando sui vantaggi competitivi sostenibili, a livello sottostante si collocano le strategie funzionali (strategie di produzione, di vendita, di finanza, ecc) che debbono essere ovviamente strumentali rispetto alle strategie competitive prescelte, le si potrebbe definire come strategie operative visto che riguardano le modalità di attuazione delle unzioni di gestione.

Gli obbiettivi della gestione strategica Il punto cardine è rappresentato appunto dall'esigenza di condurre l'impresa in base a strategie intese quali comportamenti di tempo lungo, in modo da evitare di gestire secondo una prospettiva di breve periodo insufficiente a definire correttamente ed efficacemente le risposte decisionali ali stimoli di volta in volta proveniente dal mercato e più in generale dall’ambiente. Strategia → disegno generale globale di tempo lungo che individua le direttrici da seguire per raggiungere determinate mete (obiettivi primari della gestione) Politiche → scelte funzionali in rapporto al disegno strategico e vincolanti per le decisioni da assumere nel corso della gestione